Annullate, rimandate o convertite al digitale praticamente tutte le prossime sfilate di moda. E il Fashion Industry, nel frattempo, reinveste in nuove strategie per vincere le partite giocate sui campi di battaglia digitali.
Anche la Moda si deve necessariamente fermare, almeno per ora, davanti all’emergenza Coronavirus.
In queste settimane abbiamo letto di tutto sul futuro possibile del Fashion System: annullate le sfilate per la Fashion Week di Giugno a Milano e Parigi. Addio, per ora, anche alle Cruise Collection e al Met Gala, fino a Giorgio Armani che sposta le sfilate di alta moda da Parigi a Milano. Molti altri appuntamenti sono rimandati o convertiti in digitale.
Nel frattempo, il trend che sta investendo il mondo del Fashion Industry, e che sarebbe bene seguire per essere competitivi, è rappresentato dall’integrazione tra online e offline: questa è la vera sfida dei brand fashion nell’era digitale.
Ci sono progetti che stanno già lavorando in questa direzione, soprattutto nel settore Abbigliamento e Accessori, per rispondere all’inarrestabile crescita del numero di consumatori digitali che, a livello globale, conta più di due miliardi e mezzo di persone.
Il 33% degli acquisti di abbigliamento e accessori a livello mondiale è stato effettuato tramite il canale digitale. Si parla quindi di più di un terzo del fatturato.
Includere il digitale nei propri modelli di business è vantaggioso e lo provano diverse ricerche: dal 2013 al 2017 il CAGR (Compound Annual Growth Rate) delle aziende del fashion online è cresciuto 4 volte di più rispetto alle aziende pure retail.
Il digitale diventa, in pratica, una leva fondamentale per le imprese che lo sanno usare in maniera strategica.
Ma torniamo alle passerelle digitali
Con giugno alle porte e le prime date che saltano sul calendario degli addetti ai lavori, bisogna trovare il modo per tenere alta l’attenzione su un sistema estremamente fragile, nonostante il paradosso su cui è fondato: quello di generare fatturati esorbitanti.
La Moda prende forma grazie alle idee e alla creatività, a volte folle, di designer e stilisti. Idee poi trasformate dalla forza lavoro operaia in modelli e prodotti finiti: senza di loro non esisterebbe niente.
Sarebbe giusto rispondere alle incertezze di questo delicato settore.
Vale lo stesso per tutto il retail, ma questo è un compito che spetta al Governo, purtroppo quasi muto fino ad oggi al riguardo.
Il risultato è un effetto domino che ha colpito, a catena, compratori, divulgatori e clienti finali. In poche parole, se non si sa cosa e quanto produrre, non si sa nemmeno cosa sarà messo in commercio e, di conseguenza, di quale prodotto parlare.
Il digitale, come già detto, si fa avanti in questo periodo storico, tenendoci uniti, ma distanti.
Ma cosa faremo esattamente di fronte al PC?
Tutti ce lo stiamo chiedendo.
Al di là dello shopping online, cosa ne sarà dei tanto attesi appuntamenti di Moda?
Vedremo sfilare ologrammi su passerelle virtuali? Oppure assisteremo a delle presentazioni statiche, con gli indossatori già fotografati o ripresi da soli? Sfoglieremo cataloghi digitali coi listini prezzo dei campionari, o ne discuteremo via Google Meet con i rappresentanti d’azienda? Faremo aperitivi su Zoom o Skype insieme ai colleghi mentre il brand di turno sceglie una playlist e ci manda via email i jpg, con cadeau annesso, del prossimo autunno inverno?
Tutto questo non è ancora chiarissimo
Essere aperti a tutti, anche agli utenti che di solito non hanno accesso alle manifestazioni di questo tipo, più che democratico, può essere un’arma a doppio taglio.
Sicuramente aumenteranno l’interesse per il settore, oltre che i clic sul sito e sui vari social, ma se e quando si tornerà alla consuetudine, sarà difficile dire no alle folle che pretenderanno quanto hanno già assaporato una volta.
E sull’esclusività, più che sulla democratizzazione, si è sempre sorretto il mondo della Moda.
Magari non si tornerà più indietro.
Toccherà ai posteri pronunciarsi.